mercoledì 24 settembre 2014

Compravendita: la volontà di concludere il negozio deve risultare inequivocabilmente dall'atto.

Ai fini della configurabilità dell'atto scritto richiesto ad substantiam per la validità di una compravendita immobiliare, occorre che in esso risulti inequivocabilmente la manifestazione specifica della volontà di concludere il suddetto contratto, non potendosi ricorrere ad elementi esterni all'atto scritto per accertare l'esistenza di tale volontà.
In tema di compravendita immobiliare, l'atto deve essere stipulato, ai sensi dell'art. 1350, n. 1, c.c., in forma scritta richiesta "ad substantiam", e tale esigenza comporta che l'atto scritto suddetto deve essere rappresentato non da un qualsiasi documento da cui risulti la precedente stipulazione, ma da uno scritto che contenga la manifestazione della volontà di concludere il contratto e che sia posto in essere al fine specifico di manifestare tale volontà. In altri termini, ai fini della configurabilità dell'atto scritto richiesto "ad substantiam" per la validità di una compravendita immobiliare, occorre che in esso risulti inequivocabilmente la manifestazione specifica della volontà di concludere il suddetto contratto, con la conseguenza che non è possibile ricorrere ad elementi esterni all'atto scritto per accertare l'esistenza di tale volontà. Tali principi sono stati espressi dal giudice di legittimità in una recente pronuncia relativa ad un controversia tutta incentrata sulla corretta qualificazione ed interpretazione di una scrittura privata.
In particolare, specifica la Corte in conformità ad alcuni precedenti, proprio sulla base del principio che per i contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà immobiliare, per i quali è richiesta la forma scritta "ad substantiam", l'atto scritto costituisce lo strumento necessario ed insostituibile per la valida manifestazione della volontà produttiva del negozio, si evince che la manifestazione scritta della volontà di uno dei contraenti non può essere sostituita da una dichiarazione confessoria dell'altra parte, non valendo tale dichiarazione né quale elemento integrante il contratto, né -quand'anche contenga il preciso riferimento ad un contratto concluso per iscritto- come prova del medesimo.
Cass. Civ., Sez. II, 16 settembre 2014, n. 19488

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