Esaminando una controversia relativa ad un contratto di appalto in un complesso condominiale di particolare pregio, la Suprema Corte ha ribadito che, in assenza di un qualche indice capace di far supporre che sia stato sottoposto dal committente a direttive tanto stringenti da sottrargli qualsiasi possibilità di autodeterminazione, è l'appaltatore a rimanere l'esclusivo responsabile dell'esecuzione dei lavori, nonché dei relativi danni conseguenti a negligenza nell'esecuzione.
Nell'appalto, di regola, è l'appaltatore che risponde dei danni provocati a terzi ed eventualmente anche dell'inosservanza della legge penale durante l'esecuzione del contratto, attesa l'autonomia con cui egli svolge la sua attività nell'esecuzione dell'opera o del servizio appaltato, organizzandone i mezzi necessari, curandone le modalità ed obbligandosi a fornire alla controparte l'opera o il servizio cui si era obbligato.
Limitandosi invece il controllo e la sorveglianza del committente all'accertamento ed alla verifica della corrispondenza dell'opera o del servizio affidato all'appaltatore con quanto costituisca l'oggetto del contratto, una sua responsabilità nei riguardi dei terzi risulta configurabile solo allorquando si dimostri che il fatto lesivo sia stato commesso dall'appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli dal direttore dei lavori o da altro rappresentante del committente stesso, tanto che l'appaltatore finisca per agire quale "nudus minister" privo dell'autonomia che normalmente gli compete; parimenti, una responsabilità del committente è predicabile per "culpa in eligendo", ossia, per aver affidato il lavoro ad impresa che palesemente difettava delle necessarie capacità tecniche, ovvero in base al generale principio del "neminem laedere" di cui all'art. 2043 c.c.
Il principio, sorretto da un insegnamento costante nella giurisprudenza di legittimità, è stato ribadito in una recente pronuncia.
Nella fattispecie, la Suprema Corte ha cassato e deciso nel merito la sentenza impugnata laddove la stessa, nell'ambito di una azione risarcitoria intentata da un condomino nei confronti del Condominio, del suo amministratore e degli appaltatori responsabili dei danni causatigli in sede di esecuzione dell'appalto, aveva affermato, oltre a quella dell'appaltatore, anche la responsabilità del Condominio e dell'amministratore anche quale di direttore dei lavori del medesimo.
Sotto tale profilo, la decisione in epigrafe, muovendo dal principio secondo cui l'amministratore non costituisce una entità diversa dal condominio del quale è rappresentante, perché il condominio è un ente di gestione privo di personalità giuridica diversa da quella dei singoli condomini, giunge ad affermare che «il condomino che ritenga di essere stato danneggiato, come nella specie, da un'omessa vigilanza da parte del condominio nell'esecuzione di lavori sulle parti comuni non può considerare l'amministratore come un soggetto terzo estraneo, ma dovrà comunque rivolgere la propria pretesa risarcitoria nei confronti del condominio il quale, a sua volta, valuterà se esistono gli estremi di una rivalsa nei confronti dell'amministratore». Né, conclude la Corte regolatrice, può pervenirsi a diverse conclusioni in considerazione del ruolo di direttore dei lavori affidato all'amministratore predetto.
Cass. Civ., Sez. III, 30 settembre 2014, n. 20557