mercoledì 21 ottobre 2015

Fallimento promittente venditore scioglimento del contratto.

Le Sezioni Unite, a risoluzione di contrasto, hanno affermato che il curatore fallimentare del promittente venditore non può esercitare la facoltà di scioglimento del preliminare ex art. 72 l.f. nei confronti del promissario compratore il quale abbia trascritto prima della dichiarazione di fallimento una domanda ex art. 2932 c.c. successivamente accolta con sentenza trascritta.
Il contrasto è stato risolto con motivazione del seguente preciso tenore letterale.
"Il curatore in ipotesi di domanda di esecuzione in forma specifica proposta anteriormente alla dichiarazione di fallimento del promittente venditore e riassunta nei confronti del curatore - parte del giudizio ex art. 43 l.f., ma terzo in relazione al rapporto controverso - mantiene senza dubbio la titolarità del potere di scioglimento dal contratto sulla base di quanto gli riconosce l'art. 72 l.f. 
Ma - ed è ciò che rileva ai fini che qui interessano - se la domanda sia stata trascritta prima del fallimento, l'esercizio del diritto di scioglimento da parte del curatore non è opponibile nei confronti di quell'attore promissario acquirente a norma dell'art. 2652, n. 2, c.c.
Ciò che vuol dire che la domanda ex art. 2932 c.c. - trascritta prima della iscrizione della sentenza dichiarativa di fallimento nel registro delle imprese - non impedisce al curatore di recedere dal contratto preliminare: gli impedisce, piuttosto, di recedere con effetti nei confronti del promissario acquirente che una tale domanda ha proposto.
Tutto ciò, naturalmente, se la sentenza è accolta ed è trascritta a sua volta. E ciò si coniuga con l'effetto prenotativo che attua la trascrizione della domanda ex art. 2652, n. 2 c.c. il cui meccanismo pubblicitario si articola in due momenti: quello iniziale, costituito dalla trascrizione della domanda giudiziale e quello finale, rappresentato dalla trascrizione della sentenza di accoglimento.
Il giudice, pertanto, può senz'altro accogliere la domanda pur a fronte della scelta del curatore di recedere dal contratto: con una sentenza che, a norma dell'art. 2652, n. 2, c.c., se trascritta, retroagisce alla trascrizione della domanda stessa e sottrae, in modo opponibile al curatore, il bene dalla massa attiva del fallimento.
Diversamente, se la domanda trascritta non viene accolta, l'effetto prenotativo della trascrizione della domanda cessa, con la conseguente opponibilità all'attore della sentenza dichiarativa di fallimento rendendo, in tal modo, efficace, nei suoi confronti, la scelta del curatore di sciogliersi dal rapporto.
Ciò consente di mantenere inalterata la facoltà di scelta del curatore, quale espressione di un potere sostanziale che l'ordinamento con l'art. 72 I.f. gli riconosce, ma che, nella concorrenza di determinati evenienze, non è opponibile - in caso di accoglimento della domanda in forma specifica - al promissario acquirente che abbia trascritto tale domanda anteriormente alla iscrizione della sentenza dichiarativa di fallimento del promittente venditore nel registro delle imprese".
Cass. Civ., SS.UU., 16/09/2015, n. 18131

giovedì 15 ottobre 2015

Locazione finanziaria vizi della cosa.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, chiamate a pronunciarsi in materia di leasing su di una questione di estrema importanza, hanno stabilito il principio secondo il quale "in tema di locazione finanziaria, ove i vizi della cosa siano emersi prima della consegna, il concedente deve sospendere il pagamento del prezzo in favore del fornitore, nei cui confronti può agire per la risoluzione del contratto di fornitura o la riduzione del corrispettivo, mentre, se si siano rivelati dopo la consegna, l'utilizzatore ha azione diretta verso il fornitore. In ogni caso, lo stesso utilizzatore può agire contro il fornitore per il risarcimento dei danni e la restituzione dei canoni già pagati al concedente".
Il Giudice di legittimità, quindi, nei confronti del fornitore riconosce al concedente la facoltà di sospendere i pagamenti ed all'utilizzatore un importante strumento da utilizzare qualora il bene oggetto del leasing presenti dei vizi.

mercoledì 14 ottobre 2015

Coercizione volontà annullamento contratto

Con la sentenza in esame, gli Ermellini hanno affrontato la materia inerente i vizi della volontà del contraente ed le ripercussioni che questi hanno sull'efficacia e legittimità del contratto. La soluzione a cui si giunge è quella di ritenere illegittimo il contratto ogniqualvolta la volontà del contraente abbia subito pressioni tali, fisiche e/o psichiche, da far sì che questo in loro mancanza non avrebbe perfezionato il negozio.
Il contratto può essere annullato ai sensi dell'art. 1434 c.c. qualora la volontà del contraente sia stata alterata dalla coazione, fisica o psichica, proveniente dalla controparte o da un terzo, requisiti che non ricorrono ove la determinazione della parte sia stata provocata da timori meramente interni ovvero da personali valutazioni di convenienza, senza cioè che l'oggettività del pregiudizio risalti - su iniziativa probatoria della parte che promuove la domanda di annullamento - quale idonea a condizionare un libero processo determinativo delle proprie scelte. Secondo un consolidato indirizzo, invero, cui si presta adesione, in materia di annullamento del contratto per vizi della volontà, si verifica l'ipotesi della violenza, invalidante, il negozio giuridico, qualora uno dei contraenti subisca una minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla conclusione del contratto, proveniente dal comportamento posto in essere dalla controparte o da un terzo e risultante di natura tale da incidere, con efficienza causale, sul determinismo del soggetto passivo, che in assenza della minaccia non avrebbe concluso il negozio.

Cass., Sez. I Civ. 09/10/2015, n. 20305


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