mercoledì 17 dicembre 2014

Preliminare di vendita di cosa futura differenze con promessa del fatto del terzo

La sentenza in rassegna è particolarmente interessante perché si occupa della peculiare figura del contratto preliminare di vendita di cosa futura e della rilevanza -ai fini del relativo adempimento da parte del promittente venditore- della promessa del fatto del terzo (disciplinata dall'art. 1381 c.c.).Da un punto di vista generale occorre chiarire che nel contratto preliminare di vendita di cosa da costruire, il venditore che assuma anche l'obbligazione di realizzazione del bene è tenuto a prestare la relativa, necessaria attività e risponde di inadempimento contrattuale nel caso in cui non dimostri che la prestazione promessa è venuta a mancare per causa a sé non imputabile; se il venditore, viceversa, non assume alcun obbligazione ulteriore rispetto a quella di trasferire il bene, ricorre la diversa ipotesi della vendita di cosa futura, soggetta alla "condicio iuris" della sua venuta ad esistenza ad opera di un terzo (c.d. "emptio rei speratae"), la cui mancata realizzazione comporta non già la risoluzione del contratto per inadempimento bensì la nullità del medesimo per mancanza di oggetto, ex art. 1472 c.c.È stato anche specificato che non si può ottenere la pronuncia di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto, qualora le parti del contratto preliminare di vendita di cosa futura (come un appartamento ancora da costruire) abbiano espressamente subordinato la stipula del contratto definitivo alla avvenuta edificazione degli immobili oggetto dello stesso.
Quanto alla promessa del fatto del terzo, la Corte di legittimità ha precisato che, con essa, il promittente assume una prima obbligazione di "facere", consistente nell'adoperarsi affinché il terzo tenga il comportamento promesso, onde soddisfare l'interesse del promissario, ed una seconda obbligazione di "dare", cioè di corrispondere l'indennizzo nel caso in cui, nonostante si sia adoperato, il terzo si rifiuti di impegnarsi; da ciò consegue che, qualora il promittente abbia adempiuto a tale obbligazione di "facere" e, ciononostante, il promissario non ottenga il risultato sperato a causa del rifiuto del terzo, il promissario resta garantito dall'obbligo del promittente di corrispondergli l'indennizzo; quando, invece, l'obbligazione di "facere" non venga adempiuta e la mancata esecuzione sia imputabile al promittente, ovvero venga eseguita in violazione dei doveri di correttezza e buona fede, il promissario avrà a disposizione gli ordinari rimedi contro l'inadempimento e potrà richiedere, in presenza del necessario nesso di causalità, il risarcimento del danno.Risulta, altresì, puntualizzato che, in tema di promessa del fatto del terzo, le conseguenze derivanti dal mancato compimento del fatto promesso, per il rifiuto del terzo di obbligarsi o di tenere il comportamento oggetto delle promessa, devono essere graduate sulla base della condotta in concreto mantenuta dal promittente, nel senso che questi è tenuto al mero indennizzo nel caso in cui sia stato diligente nell'attivarsi presso il terzo onde soddisfare l'interesse del promissario ed è obbligato, invece, a risarcire i danni secondo le generali regole risarcitorie allorquando siano ravvisabili colpa o negligenza e il promissario dia la prova degli effettivi danni subiti in conseguenza dell'inadempimento.
Cass. Civ., Sez. II, 21/11/2014, n. 24853

lunedì 15 dicembre 2014

Contratto preliminare vendita bene indiviso promessa del fatto del terzo

Nel preliminare di vendita di bene indiviso considerato quale unicum, ogni comproprietario non solo si obbliga a prestare il consenso per il trasferimento della sua quota, ma promette anche il fatto altrui, cioè la prestazione del consenso degli altri comproprietari, sicché, attesa l'unitarietà della prestazione dei venditori, l'obbligo di prezzo è indivisibile per volontà negoziale e ciascun venditore può esigere l'intero a titolo solidale.
Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 11549 del 23/05/2014

Interposizione fittizia fisco vendita donazione scopo elusivo contratto.

La disciplina antielusiva dell'interposizione, prevista dall'art. 37, comma III, Dpr n. 600/73 non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l'applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d'imposta: ne deriva che il fenomeno della simulazione relativa, nell'ambito della quale può ricomprendersi l'interposizione fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo dell'intera operazione negoziale posta in essere, nella sequenza donazione-vendita.
Cass. Civ., Sez. V, sentenza n. 21794 del 15/10/2014

giovedì 27 novembre 2014

Rapporto di comodato esigenze della famiglia

Il principio per cui il comodatario ha il diritto alla prosecuzione del rapporto per tutto il tempo per cui si protraggano le esigenze familiari si riferisce ai casi in cui sia certo ed inequivocabile che il rapporto abbia avuto origine in vista di una tale destinazione.
Con il contratto di comodato, precisa la Cassazione, il proprietario concede gratuitamente a terzi il diritto d'uso del bene proprio e, soprattutto quando si tratti di un immobile, la sussistenza di una effettiva volontà di assoggettare il bene a vincoli ed a destinazioni d'uso particolarmente gravosi non può essere presunta, ma deve essere positivamente accertata. Nel dubbio, prosegue il giudice di legittimità, va adottata la soluzione più favorevole alla cessazione del vincolo, considerato anche il sospetto ed il disfavore con cui l'ordinamento considera i trasferimenti gratuiti di beni e di diritti sui beni.
Cass. Civ., Sez. VI, 21/11/2014, n. 24838 

martedì 25 novembre 2014

Comodato immobiliare rilascio immobile svolgimento attività commerciale.

La circostanza che nell'immobile dato in comodato sia svolta una attività commerciale non basta per ritenere quel comodato soggetto ad un termine implicito, ai sensi dell'art. 1810 c.c., e di conseguenza che il comodante non possa chiedere la restituzione dell'immobile sino a che non cessi l'attività in esso svolta.
Secondo la Cassazione, quanto appena detto è in linea con gli orientamenti espressi e in particolare con il principio secondo cui il termine del comodato può risultare dall'uso cui la cosa deve essere destinata solo "se tale uso abbia in sé connaturata una durata predeterminata nel tempo". In mancanza, invece, di particolari prescrizioni di durata, ovvero di elementi certi ed oggettivi che consentano ab origine di prestabilirla l'uso corrispondente alla generica destinazione dell'immobile configura un comodato a tempo indeterminato e, perciò, a titolo precario, e, dunque, revocabile ad nutum da parte del comodante a norma dell'art. 1810 c.c.
Cass. Civ., Sez. III, 18/11/2014, n. 24468

venerdì 21 novembre 2014

Notaio autenticante scrittura privata

Il notaio autenticante una scrittura privata non deve limitarsi ad eseguire il mero controllo di legalità delle pattuizioni bensì è tenuto anche ad indagare sulla effettiva volontà dei contraenti.
Il principio già enunciato nella circolare dell'11/10/2011 è stato recentemente confermato anche dalla Suprema Corte in una sua decisione.
Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 19350 del 12/09/2014

martedì 18 novembre 2014

Disdetta anticipata locatore mancata realizzazione finalità

La terza sezione della Corte di Cassazione ha confermato il principio secondo cui la sanzione del ripristino della locazione o del risarcimento del danno a carico del locatore che abbia ottenuto la disponibilità anticipata dell'immobile per una finalità non più realizzata, trova fondamento nel contratto. E' posto, dunque, a carico del locatore l'onere di provare di aver adempiuto all'obbligo corrispondente o di non aver potuto adempiere per cause ostative a lui non imputabili.
Cass. Civ., Sez. III, 07/11/2014, n. 23794