domenica 1 novembre 2015

Stato di insolvenza ai fini della dichiarazione di fallimento.

Fermi restando i requisiti dimensionali fissati dall'art. 1 L.F., presupposto indefettibile affinché l'imprenditore possa fallire, ai sensi del successivo art. 5, è lo stato d'insolvenza in cui questo deve versare, tenendo ben presente che l'equazione "pignoramento negativo uguale stato di insolvenza" non appare condivisibile.
Dottrina e giurisprudenza nel corso degli anni ci hanno insegnato che l'insolvenza rappresenta uno status da valutarsi in termini prospettici e dinamici, dovendo l'analisi tassativamente ampliarsi ad una stima globale, sia quantitativa che qualitativa, dei debiti e dei crediti.
Ne consegue che l'inadempimento in sé non rappresenta l'essenza stessa dell'insolvenza e non ne comporta automaticamente l'esistenza, ben potendo l'imprenditore non aver onorato il proprio debito per motivi diversi dall'incapacità a far fronte ad esso.
Viene cosi richiesto, ai fini dello stato di decozione che giustifica la procedura concorsuale, un quid pluris che deve essere individuato nel non essere più in grado l'imprenditore di adempiere regolarmente alle obbligazioni poste a suo carico, con mezzi propri o forniti da terzi, trattandosi di una situazione manifesta ed irreversibile e non già di una mera impossibilità temporanea.
Il richiamato art. 5 L.F. da più parti è stato definito come una “norma aperta”, che non definisce un vero e proprio modello e che ha indotto dottrina è giurisprudenza ad individuare una serie di elementi, solitamente in concorso, indicatori dello stato di insolvenza; sebbene tale elencazione non possa dirsi esaustiva, potendosi lo stato di insolvenza comunque desumersi anche da altri fattori, appresso sembra opportuno richiamare i più importanti fra loro, onde poterli utilizzare come chiavi di lettura della fattispecie concreta. 
Essi possono individuarsi:
  • nell'assenza persistente di utili e nella contemporanea presenza di perdite;
  • nella mancanza prolungata di liquidità;
  • in un elevato indebitamento con i creditori istituzionali;
  • nel mancato godimento del credito bancario ed ancor più nella revoca del fido e delle linee di credito;
  • nell'utilizzo degli affidamenti bancari oltre i limiti concessi e nei solleciti al rientro nei limiti degli affidamenti;
  • in un rapporto sbilanciato fra attivo e passivo;
  • nella consistenza negativa del patrimonio netto;
  • nell'impossibilità di continuare l'attività d'impresa in modo proficuo;
  • nel  consolidamento e stagnazione del debito;
  • nell'utilizzo di mezzi anomali di pagamento;
  • nei ripetuti rinnovi cambiari;
  • nell'essere protestato e/o iscritto negli elenchi dei cattivi pagatori;
  • nella restituzione di merce acquistata non dovuta a vizi o difetti della medesima;
  • nell'essere sottoposto a più procedure esecutive.

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